NOTIZIE DALLO SPAZIO #06 – Curiosità su astronomi e astronomia
Scritto da Katia Manna il 14 dicembre 2022
Come si misura la quantità di luce emessa da una stella? E se si usasse una filastrocca per classificare gli astri? Ne abbiamo parlato a Notizie dallo Spazio con l’astronomo Crescenzo Tortora dell’Inaf Osservatorio Astronomico di Capodimonte
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Gli astronomi usano il termine Magnitudine per misurare la quantità di luce emessa da una stella, che dipende sia dalle proprietà della sorgente (pensa lampadine di diversi watt e lumen, e quindi più o meno luminose), ma anche dalla distanza, perché come una luce di una macchina che si avvicina, i fari diventano sempre più luminosi avvicinandoci, così una sorgente più lontana a parità di sue caratteristiche, risulta più fioca. La magnitudine è definita in modo tale che una stella di prima magnitudine è 100 volte più luminosa di una stella di sesta magnitudine. Quindi valori di magnitudine più bassa corrispondono a sorgenti più luminose. La stella Vega è stata scelta come riferimento e ha una magnitudine pari a 0, il sole ha magnitudine apparente di -27, e la Luna di -13, cioè il sole è 400000 volte più luminoso della luna.
Ma perché questa scelta così strana? Dal nome di questa grandezza, possiamo capire chi ha contribuito a questa scelta. Magnitudine deriva dal greco magnitudo, e nell’antica grecia astronomi come Ipparco di Nicea e il più ben noto Tolomeo, identificavano le stelle più luminose come di prima magnitudine e quelle al limite della visione dell’occhio umano come stelle di magnitudine 6. Questa scala fu poi formalizzata matematicamente nel 1800 utilizzando il logaritmo, in particolare 2.5 volte il logaritmo della luminosità, e quindi gli astronomi hanno deciso di continuare ad utilizzare questa scala invertita. Il vantaggio di utilizzare questa grandezza non lineare è che permette di maneggiare le luminosità di oggetti milioni o miliardi di volte più o meno luminosi, con numeri molto piccoli.
Come si classificano le stelle
Un po’ come in zoologia e botanica classifichiamo animali e piante, così gli astronomi classificano stelle e galassie. A qualunque astronomo che ha seguito un corso sulle stelle è stata insegnata una filastrocca, “Oh be a fine girl and kiss me”, ovviamente gli astronomi sono avanti e per parità dei sessi c’era anche la versione diretta agli uomini, “Oh, be a fine gal and kiss me”. Ci hanno insegnato questa frase per farci ricordare l’ordine delle iniziali di ogni parola, O B A F G K M, che sono le lettere per classificare le stelle, in base alla loro temperatura superficiale, dalle più calde (di tipo O) alle più fredde (M). Ma non sarebbe stato più semplice elencare in ordine alfabetico? Anche qui la ragione è dovuta ad un retaggio storico, perché l’astronomo Secchi che per primo classifico le stelle, lo fece sulla base della dell’intensità dell’idrogeno presente negli spettri. Come tributo all’astronomo si scelse di mantenere quelle lettere, costringendo migliaia di astronomi ad imparare quella frase.
Foto copertina di Norbert Pietsch da Pixabay.